Al petrolchimico Eni di Gela, è scattata oggi la prevista cassa integrazione per i 400 dipendenti. Durerà 10 mesi ed è stata decisa per far fronte alla crisi del settore della raffinazione in Italia, che avverte un’eccedenza produttiva di carburante di 100 milioni di tonnellate annue. La dirigenza Eni inizia con l’espulsione temporanea del 10% del personale impegnato in due delle tre linee produttive stoppate per un anno. Il provvedimento riguarda un primo gruppo di circa 40 operai giornalieri, cui seguiranno, entro fine giugno, anche i turnisti, soggetti a un piano di rotazione. A tutti, comunque, sarà garantito il 100% del salario. Molti dipendenti stanno utilizzando le ferie arretrate prima di essere collocati in cassa integrazione. Ad alcuni operai specializzati, inoltre, l’Eni sta offrendo la possibilità di lavorare temporaneamente all’estero o in altre raffinerie in Italia.
Intanto, a Gela si è insediata la speciale commissione paritetica (composta da direzione dello stabilimento e sindacati) chiamata a monitorare la realizzazione degli investimenti concordati, che ammontano a quasi 500 milioni e che mirano a migliorare le condizioni ambientali e operative e quindi a restituire competitività alla raffineria. Resta l’incognita degli esuberi dell’indotto, indicati sommariamente in 300 unità. Malgrado l’aumentata mole di commesse di lavoro per manutenzione e investimenti, infatti, resta da definire la sorte lavorativa di centinaia di operai delle imprese appaltatrici che stanno per completare il periodo di Cig e non vedono prospettive di rientro. La situazione è monitorata dal cosiddetto “tavolo di regia”, diretto dal prefetto di Caltanissetta.
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