GELA (CL): ENI RESTA, NIENTE LICENZIAMENTI. SINDACATI NON SI FIDANO

 GELA (CL): ENI RESTA, NIENTE LICENZIAMENTI. SINDACATI NON SI FIDANO

Gela. L’a.d Claudio Descalzi, dal Mozambico cerca di rasserenare gli animi dei dipendenti del petrolchimico: “non abbiamo intenzione di andarcene da Gela né vogliamo toccare l’occupazione – ha esordito Descalzi – Abbiamo intenzione di investire 2,1 miliardi in diversi progetti, tra i quali la trasformazione in raffineria verde per riconvertire il personale”. Le dichiarazioni dell’amministratore delegato dell’Eni anziché trasmettere fiducia e tranquillità, hanno provocato molto nervosismo tra le organizzazioni sindacali e gli operai che da 15 giorni presidiano la raffineria di Gela. Né i sindacati, né i lavoratori si fidano da quanto dichiarato dal vertice dell’azienda. Intanto si mette in moto anche il Pd di Gela che ha inviato una missiva al presidente del consiglio: “Caro Matteo Renzi, sappiamo della tua volontà di venire a Gela per la fine di agosto, ma il territorio necessita di un intervento immediato adesso, senza ulteriori rinvii. La gravità del momento ci impone di intervenire in fretta per arginare una situazione vicina al collasso e individuare ogni soluzione possibile in grado di tutelare il reddito dei lavoratori e salvaguardare il livello occupazionale messo a rischio da questa scelta scriteriata dell’Eni”.
Sergio Gigli, segretario nazionale della Femca-Cisl con notevole scetticismo ha spiegato: “l’hanno detto anche al Presidente della Sicilia, Crocetta, e a noi quando ci siamo incontrati a Roma, ma non sono più credibili perché si sono rimangiati un accordo firmato appena un anno fa, cancellando investimenti per 700 milioni di euro e 3.500 posti di lavoro tra diretto e indotto”. Sempre il sindacalista puntualizza: “Ora ci dicono che quel piano non va più bene e che ne hanno un altro. Ma chi ci garantisce che sarà rispettato? Ci vuole governo e presidente del consiglio che mettano i timbri su eventuali, possibili, nuovi accordi, che si debbono fare con il concorso di tutti. A Porto Torres ha funzionato perché è andata così”.
Anche Emilio Miceli, segretario nazionale dei lavoratori dell’energia, petrolio e gomme, aderenti alla Filctem-Cgil ò d’accordo evidenziando: “Bisogna ripartire dall’accordo del luglio 2013 senza improvvisare, quasi tirando a sorte con i bussolotti, una strategia sulla raffinazione dettata da una fermata accidentale degli impianti. De Scalzi ci spieghi perché mai in un’area dove arriva il gas libico, dove si estrae petrolio deve chiudere la raffineria e tagliare 3.500 posti di lavoro e come attraverso un investimento totalmente alternativo possa preservare il valore altamente strategico di quel territorio”.
A Gela, monta la rabbia e i lavoratori ritengono che il disimpegno sia stato già avviato da anni: “ormai, per l’Italia, – ribadiscono i lavoratori – il Sud conta meno del terzo mondo, infatti l’Eni a Gela vuole chiudere la raffineria mentre va ad investire 50 miliardi in Mozambico”. L’azienda di Stato, invece, attraverso Descalzi e Sardo, conferma che è disponibile a “incrementare gli investimenti dai 700 milioni previsti a oltre due miliardi, in un progetto ampio che potrebbe coinvolgere altri settori, ad esempio l’esplorazione di idrocarburi, la raffinazione verde e anche un centro mondiale di formazione manageriale sulle tematiche di salute, sicurezza e ambiente”. Anche Maurizio Castania, segretario territoriale della Uilcer di Caltanissetta interviene: “non bastano un impiantino e un centro di formazione per garantire la salvaguardia di 3500 posti di lavoro. il fronte di lotta non arretra di un millimetro: si sciopera e si manifesta il 28 luglio a Gela coi segretari nazionali Susanna Camusso (Cgil) e Paolo Pirani (Ultec-Uil), si sciopera in tutta l’Eni e si manifesta a Roma il 29, mentre i blocchi continuano”.