VIRTUOSISMI DEL DUO BAHRAMI-MERCELLI AL BELLINI

Si è tenuto al Teatro Massimo Bellini il concerto del flautista Massimo Mercelli e del pianista, cittadino onorario di Catania, Ramin Bahrami. Recital che ha confermato il grande virtuosismo degli artisti i quali hanno interpretato con ‘somma sapienza’ le musiche dei Bach padre e figlio.

 

 

VIRTUOSISMI DEL DUO BAHRAMI-MERCELLI AL BELLINI –

“Ritornare e Catania è come tornare nella mia amata Persia”. Con queste parole il pianista Ramin Bahrami ricorda il suo debutto nella nostra città, nel febbraio 1998. Catania gli ha forse portato fortuna. Qui è tornato tante volte, l’ultima sabato scorso, per un concerto con il flautista Massimo Mercelli, al Teatro Massimo Bellini.
I due solisti da anni hanno un sodalizio artistico. Li accomuna la passione per Bach (si autodefiniscono “fratelli in Bach”). A Catania hanno eseguito sonate e fughe del sommo Johann Sebastian e del di lui figlio Carl Philipp Emanuel (adesso meno famoso del padre, ma un tempo più celebre), comprendendo brani inediti che il Mercelli, con fiuto da segugio, ha individuato in biblioteche e archivi privati a Parigi e in area germanica. Un nuovo cd, in registrazione, conterrà l’impaginato del concerto, il cui titolo – “Una serata a casa Bach” – evoca l’incontro avvenuto a Postdam,  il 7 maggio 1747, tra Federico di Prussia e Johann Sebastian Bach.
L’esecuzione catanese di Bahrami  e Mercelli è stata un incanto. Gioia pura. La perfezione non si può commentare. Due bis – una giga e una siciliana – hanno concluso una serata che ha riaffermato i valori estetici e morali dell’Offerta Musicale (BWV 1079) e del cosmopolitismo illuminista: Bahrami ha infatti condannato il presidente Trump e i muri che sono in fase di costruzione al di qua e al di là dell’Oceano.
Poco prima dell

o spettacolo, Ramin Bahrami e Massimo Mercelli ci hanno concesso una breve intervista. Dalla viva voce del grande pianista ho avuto conferma di una certa notizia che a Catania nessuno (dico nessuno, nemmeno gli orchestrali) era riuscito ad avvalorare. Domando: “è vero che nel 1998 la madrina del suo debutto catanese al Teatro Massimo Bellini è stata Mara Venier, con un programma Tv trasmesso in diretta su Mediaset?”. La risposta è affermativa. Sì proprio lei, la conduttrice televisiva, ha segnato la battuta d’inizio della carriera internazionale di Bahrami.

 

Le cose andarono grosso modo così. Oltre venti anni fa Ramin Bahrami era poco più di un ragazzo, vivacissimo (come lo è ancora) e smilzo (ma adesso non lo è più). Aveva dovuto abbandonare l’Iran (che lui continua a chiamare Persia) in preda alla rivoluzione khomeinista. Arrivato in Italia vive una condizione di  sradicamento che possiamo immaginare. Vince una borsa di studio a Milano e diventa uno dei migliori allievi del maestro Piero Rattalino (“mi regalò un cd del maestro Francesco Nicolosi” ricorda). Finito il triennio di studi, occorreva regolarizzare il permesso di soggiorno. A Piero Rattalino – che a quell’epoca era direttore artistico del Teatro Massimo Bellini – viene una idea: puntare

l’attenzione dei media sul promettente allievo. L’occasione non tarda a presentarsi. Poiché Mara Venier conduceva a quell’epoca un talent scout in Tv, viene organizzata una finta  audizione a Catania.
Il giovane pianista arriva al Teatro Massimo Bellini, varca la soglia, entra nel palcoscenico semibuio, vede un piano, comincia a suonare. Si illuminano le luci e duemila persone lo applaudono. C’è anche il sindaco di allora (e di ora), Enzo Bianco, che lo insignisce della cittadinanza onoraria. A Catania, nell’ottobre dello stesso 1998, Baharani inciderà il suo primo disco. Il primo di una lunga serie.

Francesca Lo Faro