Migliorano le condizioni di salute di Laura Salpietro, 30, anni e del figlio Antonio, nato nel policlinico di Messina durante un diverbio finito alle mani tra due medici in sala parto. Motivo del litigio: chi doveva effettuare il taglio cesareo. Sulla vicenda indaga la Procura di Messina ed anche il Policlinico, che ha sospeso i due sanitari, ha aperto un’inchiesta interna, in attesa dell’arrivo degli ispettori dell’assessorato regionale alla Salute. La donna, alla quale è stato asportato l’utero per via di una emorragia subito dopo avere partorito, è uscita dalla prognosi riservata. “Sta meglio – dice il prof. Domenico Granese, direttore dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia del Policlinico – e nei prossimi giorni sarà dimessa”.
Migliora anche il piccolo Antonio, venuto alla luce con due arresti cardiaci e un presunto danno cerebrale. I medici di terapia intensiva, dove è ricoverato il neonato, spiegano che il bambino respira meglio e che il coma farmacologico, cui è stato sottoposto, potrebbe essere tolto in giornata. Sui presunti danni cerebrali i sanitari effettueranno specifici esami. Matteo Molonia, marito della puerpera, ha denunciato i medici ai carabinieri – intanto molonia dice: “del nostro ginecologo abbiamo piena fiducia. Quando si è reso conto che mia moglie stava male ha proposto di fare subito il cesareo, ma gli è stato impedito. È stato poi allontanato in malo modo dall’altro medico. Mia moglie è stata lasciata sola in una stanza per oltre quaranta minuti, poi l’ostetrica si è accorta di ciò che stava avvenendo”.
Secondo l’uomo, la moglie e il figlio avrebbero subito danni in conseguenza della lite scoppiata tra i medici in sala parto. Ancora Granese torna a ribadire che la lite dei due medici non e’ stata la causa delle complicazioni per la donna che stava per partorire e il suo bebe’, e ribadisce che l’episodio è stato enfatizzato perche’ avvenuto al sud. Granese inoltre afferma: “ogni volta che avviene qualcosa di negativo in campo medico, soprattutto nel sud, esce sempre una versione distorta e ingigantita dei fatti”. E continua: “Noi abbiamo operato nei tempi e rispettato i giusti limiti, la donna e’ stata assistita subito. Lo dicono le registrazioni scritte: i primi problemi ci sono stati alle 8:20 e il cesareo e’ iniziato alle 8:40”. La lite dunque, ha precisato Granese, “non ha ritardato minimamente l’inizio del taglio cesareo. Altri due colleghi hanno poi subito effettuato l’intervento”. Intanto, proseguono le indagini dei carabinieri, coordinate dal pm Francesca Rende, per accertare se i due medici del Policlinico di Messina che hanno litigato in sala parto al momento di un intervento sono responsabili di un eventuale ritardo nell’operazione che avrebbe determinato le gravi condizioni di salute della gestante, Laura Salpietro di 30 anni, alla quale è stato asportato l’utero, e del piccolo Antonio, nato con problemi cardiaci e presunti danni cerebrali. Al momento, secondo quanto trapela, non ci sarebbero indagati. I carabinieri hanno acquisito la cartella clinica della donna e altri documenti. Oggi continueranno a interrogare medici e personale sanitario del reparto di ginecologia e ostetricia.
Altri episodi analoghi sono avvenuti in altre parti d’italia: Il drammatico episodio di Messina, con la rissa in sala parto, non è il primo caso in cui una sala operatoria si trasforma in una piazza. Per esempio, 2 ginecologi di Mondovì (Cuneo), nel 1985, litigarono per difformità di vedute professionali mentre era in corso un taglio cesareo, per fortuna concluso bene per gestante e neonato. La direzione dell’ospedale aprì un’inchiesta che si concluse con la sospensione dal lavoro per un mese di un assistente “per aver turbato il clima di tranquillità e serenità che deve regnare in una sala operatoria”. Nel 1995 due chirurghi ebbero una pesante discussione per una supposta cisti da operare teatro della vicenda l’ospedale di Pontedera (Pisa). La paziente già pronta con il braccio disinfettato per l’intervento ma l’accertamento diagnostico fu ritenuto insoddisfacente da uno dei due professionisti e la donna, di 55 anni, fu rimandata a casa. Prima di rifare l’ecografia, che confermò la presenza della cisti, denunciò l’episodio al Tribunale del malato. Nel febbraio del ’97 2 primari, un oculista e un ortopedico, vennero alle mani in una sala operatoria del C.t.o. di Napoli mentre un paziente era già sotto anestesia. Entrambi si contendevano la priorità nell’uso della sala. L’intervento di colleghi e infermieri sedò la lite e uno dei due medici dovette aspettare che l’altro finisse prima di poter procedere agli interventi che aveva programmato. Il caso fu esaminato dal comitato etico della Asl. Sempre a Napoli, nel dicembre successivo, un primario di chirurgia d’urgenza e un anestesista vennero alle mani nel Policlinico Federico II dopo che il rianimatore, un ‘consulente esternò, aveva giudicato non urgente l’operazione per la quale era stato chiamato. Per aver criticato il chirurgo – denunciò l’uomo – fu da questi aggredito riportando la frattura al dito di una mano e diverse contusioni. In segno di solidarietà nei suoi confronti i rianimatori dell’ospedale scioperarono per due giorni. In sala operatoria, infine, c’è scappato anche il morto: il primario chirurgo di Torre Annunziata (Napoli) che nel 2006 ebbe un malore fatale poco prima di eseguire un intervento, a causa di un litigio avvenuto poco prima con il padre di una ricoverata. Lo aveva redarguito per averlo trovato in reparto fuori orario.
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