Kristo allo Stabile di Catania – interviste video

Kristo allo Stabile di Catania - interviste video. Dal 9 al 18 dicembre in scena al teatro Stabile di Catania lo spettacolo “Kristo”.

Kristo allo Stabile di Catania – interviste video

Kristo allo Stabile di Catania – interviste video. Quadri di dubbia saggezza, del regista e coreografo di fama internazionale Roberto Zappalà.

L’autore attivo da oltre 30 anni e vincitore di vari riconoscimenti, tra cui, nel 2013, il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro.

Nel ruolo di protagonisti si esibiscono a giorni alterni Massimo Trombetta e Salvatore Romania, con sfumature di interpretazione differenti, l’uno più istrionico, l’altro più drammatico.

Il testo è curato da Nello Calabrò e le musiche da L’ecoume des jours.

L’opera si colloca all’interno di un progetto intitolato “Individuo e spiritualità” e fa parte di un trittico con “Oratorio per Eva” e “Caino e Abele”.

Questi ultimi già presentati in passato al pubblico catanese e internazionale e a gennaio 2023 nuovamente in scena presso Scenario Pubblico,

sede della Compagnia Zappalà Danza e centro coreografico europeo, ideato e fondato dallo stesso Zappalà nel 2002.

Dopo aver calcato i palchi delle principali città del nord Italia, il coreografo catanese presenta al pubblico conterraneo un’opera coraggiosa,

invitando a riflettere sui grandi temi, quali la schizofrenia, l’alienazione, la solitudine, che riguardano l’uomo contemporaneo,

ma anche “in generale l’essere umano”, come sottolinea l’autore intervistato.

Sulla scena si muove infatti “un uomo qualunque”, con le proprie fragilità e nevrosi e con i propri deliri di onnipotenza, agiti ed esibiti senza pudore, in una stanza piena di oggetti prosaici e quotidiani, in cui si agitano i fantasmi dell’inconscio.

Il protagonista, con intensa e potente interpretazione dei due performers che a giorni alterni si esibiscono, si muove nel più comune dei luoghi, un loft urbano,

che subito diventa luogo dell’anima, luogo intimo in cui è possibile sprofondare negli abissi della psiche e dove i pensieri più inconfessabili,

accompagnati dai gesti più comuni e di routine, si rincorrono, mostrando i lati piú oscuri della personalitá.

È un uomo messo a nudo nel corpo e nell’animo, che si agita espressionisticamente in uno spazio allucinato, claustrofobico e perturbante, a volte disturbante,

e di forte impatto visivo. Il teatro visuale, in cui parola e danza restano inscindibili, e che Zappalá ci dice di riportare in vita dal suo repertorio,

con l’intento esplicito di trasmetterlo ai giovani, unisce echi letterari, grazie al testo di Nello Calabrò, ad atmosfere stranianti ed immagini cinematografiche, passando da Kafka, a Pasolini, a Fellini, a Kubrick, a Scorsese, a Scott.

Sul palco le ballerine della Compagnia Zappalà Danza, creano quadri surreali e onirici, in cui sacro e profano, umiltà e hybris, lucidità e follia, realtá e sogno si illuminano e si annullano a vicenda;

e questo gioco schizofrenico, di contrari e opposti, non può che scaturire da un confronto con la piú alta infrazione al principio filosofico di non contraddizione: Cristo, Uomo e Dio, Vivo e Morto, Uno e Trino.

L‘ambiguità rimane, infatti, volutamente il tema e la cifra stilistica dominante dello spettacolo, come evidenzia l’ossimoro del sottotitolo “dubbia saggezza”.

Zappalà ci dice che l’opera, nonostante i riferimenti espliciti ai vangeli, non vuole parlare di Cristo, ma vuole essere un “pretesto per parlare dell’umanità nella sua interezza”.

Egli vuole creare un cortocircuito per mostrare l’uomo moderno alienato e alle prese con una realtà complessa, ambigua e spesso ipocrita.

Cristo è semplicemente chiamato in controluce a rappresentare l’uomo nei suoi molteplici aspetti, anche i più inconfessabili, e nelle sue molteplici personalità e aporie:

“le persone di una persona sono numerose in ogni persona”, recita in proposito una voce fuori campo.

Il protagonista, nella sua ambiguità incarnata, è un outsider, un folle, un reietto e un disadattato, non a caso uno dei tipi umani riscattati dal Cristo delle origini,

è anche un saggio che dubita e fa dubitare e, infine, un uomo qualunque che compie azioni comuni: allenarsi in bici, defecare, parlare al telefonino, sognare a occhi aperti, un uomo in cui ognuno può riconoscersi.

Uno spettacolo da “vedere” e in cui sprofondare con il protagonista, nostro alter ego alle prese con il comune destino di tutti gli esseri umani in cammino verso realtà sempre più distopiche, tecnologiche e alienanti.

Denise Lenzo

Foto e riprese video, Davide Sgroi