Affollata presentazione del libro “I bottoni del barone” opera prima del barone calatino Biagio Pace Gravina. L’incontro si è tenuto nei giorni scorsi nella sede della libreria Mondadori di Catania. Relatori il giornalista Daniele Lo Porto e la conduttrice radiofonica Silvia Ventimiglia. Presenti, tra gli altri, gli scrittori Piero Isgrò e Domenico Seminerio.
Un’opera corale quella di Pace che ruota attorno alla vicenda terrena di Don Paolo Guttadauro, barone della Ganzaria ma ricca di tantissimi altri personaggi che, oltre a far sorridere e ridere in taluni casi, ci porta a tutta una serie di osservazioni sulla politica, gli usi ed i costumi della Sicilia a cavallo tra l’Ottocento ed i primissimi anni del Novecento. Pressato, l’Autore ammette di aver voluto fermare sulle pagine del libro i racconti e gli aneddoti tramandatigli oralmente dalla nonna materna e conferma che trattasi di personaggi realmente esistiti e di avvenimenti accaduti. Il protagonista, nella realtà trisavolo dell’Autore, appare come un nobile dall’approccio democratico che non disdegna di mercanteggiare con il venditore di trine e di bottoni, da cui ha inizio il romanzo, nè di parlare con il ciabattino. Il barone Guttadauro non ha la cattiveria e l’attaccamento ai beni materiali tipico dei personaggi descritti da De Roberto ne “I vicerè” nè la rabbiosa rassegnazione di Don Fabrizio Salina de “Il gattopardo”. La Sua democraticità si traduce in una buona gestione dei Suoi beni, senza colpi di testa, consapevole che dalla Sua saggia amministrazione dipende il buon vivere della gente che lavora per Lui. Quella descritta è una società che si muove secondo un quadro unitario dove la distinzione tra le classi sociali è piu’ apparente che sostanziale, “gli uni legati agli altri in social catena” come affermato da Seminerio. Tantissimi altri, si diceva, i personaggi che completano l’opera. Tra essi va ricordato, senz’altro, Antonio Mayardi che sposerà la figlia del barone Guttadauro che, nella realtà, fu quell’Angelo Majorana che divenne rettore dell’Università di Catania e giovanissimo Ministro delle Finanze sotto il governo Giolitti, morto prematuramente a soli 44 anni.
Il libro, di grande impatto per la non comune capacità descrittiva dell’Autore, si chiude alla morte del barone Guttadauro quando l’orologio del Suo tempo terreno si ferma ed i Suoi due figli si dividono, in parti uguali, tutto il patrimonio. Sia che si tratti di case che di terreni che di…bottoni, per l’appunto.
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