“La difficoltà di un attore è quella di non diventare un cane crescendo, non so se ci sono riuscito”. Esordisce così Gabriele Lavia ospite oggi, 14 Aprile, a DoppiaScena, ciclo di eventi nato dalla collaborazione tra il Teatro Stabile di Catania e la Feltrinelli e che vede proprio il megastore di via Etnea come luogo di incontro e dialogo. Dopo la breve presentazione a cura dello scrittore Sergio Claudio Perroni, l’attore e regista, in scena a Catania dal 12 al 17 Aprile con “Il Malato Immaginario” di Molière, presenta il suo Argante, non uomo ma “essenza di uomo”, succube del potere (medicina), confinato in una stanza che puzza di clisteri. Per sfuggire dalla tirannia del potere c’è un solo modo: imparentarsi con il Potere – medico e far parte della sua famiglia, dando la figlia Angelica (interpretata dalla giovane e talentuosa Lucia Lavia, figlia del regista) in sposa a un medico. Ma il progetto fallisce, tutto crolla e Argante prende coscienza della disfatta della sua famiglia.
Cos’ è il teatro dunque? Lavia lo definisce un arché, il luogo in cui l’uomo può vedere la sua origine, dove si realizza il mistero per cui chiunque può riflettersi in Argante.. Il teatro è “fare corpo”, la sua autenticità risiede nel rapporto attore-spettatore. La capacità di Lavia è quella di aver allestito senza violarlo uno testo classico; ritenendo che Beckett avesse descritto il suo Malone dopo aver riletto Molière, il regista ha unito in modo discreto i due grandi drammaturghi: Argante come Malone è un uomo solo circondato da fantasmi e come Krapp registra su un vecchio magnetofono i resoconti delle sue purghe e dei suoi clisteri imposti dal dottor Purgone. Capace di giocare con la vita e la morte lasciate in equilibrio sulle corde dell’entusiasmo e del divertimento, il Molière di Lavia tratteggia il potere e le relazioni familiari con dettagli scatologici e ributtanti, contrapponendo la moglie, opportunista e fedifraga, alla candida ed innocente figlia, dando vita a una fitta trama di inganni, equivoci e finzioni.
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