Ingroia. Non in esilio forzato. Così ha affermato il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia: vado in Guatemala per “libera scelta – ha detto – non c’è qualcuno che mi ha spinto, o qualcuno che mi ha cacciato”. Ha così spiegato lo stesso pm titolare dell’indagine sulla trattativa tra Stato e mafia a volerlo chiarire agli studenti di giurisprudenza dell’Università di Roma Tre che lo avevano invitato per un dibattito; e a illustrare che tutto questo non ha nulla a che vedere con le polemiche che vi sono state sull’inchiesta, nell’ambito della quale sono state intercettate “per caso” conversazioni del capo dello Stato.
Durante il suo discorso, Ingroia, ha anche esposto che sono stati i funzionari Onu alla fine dell’anno scorso a offrirgli il ruolo di capo di un istituto che opera in America centrale, dove è particolarmente esteso il fenomeno del narcotraffico. “Ho accettato con piacere, ma ho spiegato che ritenevo mio dovere completare prima le indagini sulla trattativa”, ha detto Ingroia, raccontando di aver chiesto un’ulteriore proroga quando il capo dello Stato ha sollevato il conflitto di attribuzioni con la Procura di Palermo e di contare di partire “non oltre metà novembre”. “Il mio è un arrivederci – ha aggiunto – non un addio”. Ingroia ha poi giudicato positivamente l’ipotesi che il governo dia un’accelerazione alla norma sulla incandidabilità per i condannati per i reati contro la pubblica amministrazionee ha commentato: “È una buona notizia”. Soddisfatti i ragazzi dell’ateneo del suo intervento e auspicano un secondo intervento del magistrato.
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