L’assemblea Regionale Siciliana approva l’abolizione delle province regionali con 36 voti a favore e 11 contrari del M5s e 6 astenuti. Il presidente della Regione Rosario Crocetta soddisfatto lo esalta come: "Provvedimento storico". Mentre i deputati del movimento 5 stelle tuonano: "serve a conservare il potere e dire a Renzi che il Pd è ancora in vita”. Il deputato regionale Nello Musumeci rincara le critiche: "Per carità, non chiamatela riforma! E' solo una leggina pasticciata, contraddittoria, approvata da appena un terzo del parlamento".
ARS: L’ASSEMBLEA VOTA L’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE –
Ars. L’Assemblea Regionale Siciliana vota la riforma delle province in Sicilia si chiude un capitolo e se ne riapre un altro. Il provvedimento passa con 36 voti a favore, 11 contrari e 6 astenuti, così una parte di deputati regionali approvano la riforma che istituisce sei Liberi consorzi e le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. La riforma è passata con il voto favorevole di Pd, Udc, Sd, Pdr, Megafono-Pse, Pds-Mpa. Hanno votato contro i deputati del M5s. Astenuti gli esponenti di Ncd e Girolamo Fazio (gruppo misto). Assenti Forza Italia, Lista Musumeci e Pid-Cantiere popolare.
L’assetto istituzionale nell’Isola è di fatto è rimodulato. Così la legge varata dal parlamento completa la riforma, approvata lo scorso anno, attribuendo funzioni e competenze ai neonati enti intermedi e abolisce di fatto le nove ex Province della Sicilia, attualmente amministrate da commissari di volta in volta nominati dal Presidente della Regione. Crocetta, prima di passare al voto sulla riforma, si era rivolto in aula ai deputati chiedendo di mettere da parte le perplessità davanti a un provvedimento che ha definito “storico”. Con queste parole si è rivolto ai deputati in aula: “con questa riforma abbiamo attuato lo Statuto e abbiamo stabilito che la democrazia comunale si applichi in Sicilia come in nessuna regione d’Italia. Adesso dobbiamo batterci per l’articolo 36 e 37 per chiudere una partita che è quella finanziaria. Siamo orgogliosi di questa legge”.
Tuona il deputato regionale Nello Musumeci, che non ha partecipato per protesta con il suo gruppo al dibattito d’aula e critica il voto: “Per carità, non chiamatela riforma! E’ solo una leggina pasticciata, contraddittoria, approvata da appena un terzo del parlamento, dopo due anni di annunci roboanti, di quattro leggi-ponte e di speranzose attese.
Non solo questo provvedimento non farà risparmiare un centesimo, ma lascerà scontenti tutti: i cittadini, espropriati di ogni potere di scelta; il territorio, privato di una seria programmazione; i sindaci, lasciati sempre più soli; i dipendenti provinciali, rimasti senza alcuna garanzia finanziaria per il loro futuro”.
Anche i deputati del Movimento 5 stelle in merito al ddl sulla riforma delle Province contestano e spiegano che il voto favorevole : “serve a conservare il potere e dire a Renzi che il Pd è ancora in vita”. Poi insistono: “una occasione mancata per l’affermazione, con i fatti, del nostro statuto speciale. La maggioranza ha scelto la via più breve, seguendo il dettato della legge Delrio che di fatto ripristina quasi in toto l’istituto delle Province. La ratio di questa legge è solo conservare il sistema di potere e permettere al Pd di dire a Renzi che il partito è ancora in vita”. In merito alla Legge, i grillini tengono a precisare che: “è arrivata al traguardo raffazzonata e completamente diversa da quella in cui credeva il Movimento. L’unica nota positiva è la fine dell’agonia per i dipendenti. Per il resto è quasi tutto da censurare. A peggiorare la situazione è stata la norma con la quale si è stabilito che i confini delle città metropolitane coincidessero con quelli delle ex province. Città metropolitane che mettono insieme pezzi di territorio che non avevano nulla in comune quando erano contenuti negli stessi confini delle province e che a maggior ragione mal si sposano con la ragione dell’istituzione di una città metropolitana. Secondo il gruppo 5 stelle: “appare peraltro paradossale la condizione posta per l’adesione alla città metropolitana di Catania dei comuni di Gela, Piazza Armerina e Niscemi, che nonostante un referendum popolare, dovranno confermare la loro volontà di permanervi, solo se una delibera del Consiglio comunale ratificherà positivamente la volontà già espressa dai cittadini”.
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