BLITZ ANTIMAFIA, 100 CARABINIERI A CASTELLAMARE DEL GOLFO

Cemento mafioso e finto antiracket maxi retata con l’impiego di 100 carabinieri a Castellamare del Golfo nel palermitano. Cinque arresti nel feudo di Messina Denaro. Le manette sono scattate per il boss Mariano Saracino. Attraverso attentati e mezzi coercitivi il clan affiliato alla famiglia Messina Denaro imponeva il calcestruzzo a imprenditori edili e favoriva Vincenzo Artale, paladino dell'antimafia.

BLITZ ANTIMAFIA, 100 CARABINIERI A CASTELLAMARE DEL GOLFO –

Blitz antimafia nel palermitano. I carabinieri di Alcamo e Trapani hanno arrestato il capo della famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, Mariano Saracino, 69 anni e con lui, Vito Turriciano, 70 anni, Vito Badalucco, 59 anni, e Vincenzo Artale, 64 anni. Scoperta la tresca mafiosa nel corso delle indagini mirate alla cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro. Alla maxi operazione hanno partecipato più di 100 militari dell’Arma, con l’ausilio di un velivolo del 9° Nucleo elicotteri di Palermo.
Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto.
Nel corso dell’operazione è stata sequestrata inoltre l’azienda SP Carburanti s.r.l., con sede legale a Castellammare del Golfo, considerata fittiziamente intestata a prestanome, ma riconducibile alla famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo. L’inchiesta, è stata avviata nel 2013 e coordinata dalla Dda di Palermo, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi.
Le indagini hanno permesso di scoprire l’attuale organigramma mafioso della cupola di Castellammare, enclave storica delle cosche trapanesi. I carabinieri hanno appurato che i danneggiamenti erano da attribuire al contesto mafioso legato alla famiglia di Castellammare del Golfo, di cui fa parte il mandamento di Alcamo. Al comando dell’organizzazione Saracino, già condannato per associazione mafiosa e da sempre legato alla storica “famiglia” alcamese dei Melodia.
L’attività investigativa è venuta fuori, dopo una serie di attentati a imprenditori edili, infatti, un gruppo di persone imponeva la fornitura di calcestruzzo a diversi imprenditori impegnati in lavori privati o in opere pubbliche. Ufficialmente il gruppo era tra i promotori dell’associazione antiracket di Alcamo, regno di Messina Denaro. dalle indagini dei carabinieri di Trapani è emerso inoltre che l’organizzazione, godeva del supporto del clan, che gli avrebbe assicurato una sorta di monopolio nella fornitura del calcestruzzo.
Ancora una volta l’antimafia di facciata viene smascherata da un’inchiesta.
Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, hanno appurato che l’imprenditore favorito dalla cosca è, secondo quanto hanno accertato Vincenzo Artale, responsabile di una società del settore del calcestruzzo. Ad Artale, che fa parte dell’associazione antiracket e antiusura di Alcamo, di fatto la mafia avrebbe garantito una posizione di forza all’interno del mercato. I committenti di lavori privati o le ditte appaltatrici attraverso pressioni e intimidazioni, venivano costretti a rifornirsi di cemento dall’imprenditore, che si aggiudicava tutte le maggiori forniture nei lavori in zona. Molteplici gli episodi estorsivi accertati nel corso dell’indagine, alcuni dei quali provati anche con la collaborazione delle vittime.