STRAGE VIA D’AMELIO, LUTTO E RICORDO

Strage via D’Amelio, lutto e ricordo. Dopo 27 anni le parole riascoltate del giudice Borsellino riportano indietro nel tempo e spronano per il presente.

STRAGE VIA D’AMELIO, LUTTO E RICORDO

Strage via D’Amelio, lutto e ricordo. Abbiamo ascoltato la voce di Paolo Borsellino, liberata dalla secretazione.

Quest’ultima sollevata dalla polvere degli archivi ci è stata restituita nella rappresentazione drammatica di alcune audizioni.

Dalle sue affermazioni si percepisce che il giudice era un uomo solo e dal tono delle sue parole si percepisce una flebile opposizione, una sferzata di sarcasmo alle insidie cui andava incontro:

«Buona parte di noi non può essere accompagnata in ufficio di pomeriggio da macchine blindate, come avviene la mattina, perché il pomeriggio è disponibile solo una blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi».

Poi concludeva: «Pertanto io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 21 o alle 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà, però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere poi, libero di essere ucciso la sera».

Proprio così, la voce del giudice Paolo si trova in rete. Si riparte dalle sue affermazioni di un uomo lasciato al suo destino.

Quella voce smarrita che cerca aiuto ed è il segno iniziale di un distacco.

Poi, un grande boato e insieme alla strada e ai balconi di un palazzo, saltano in aria anche sei vite.

Sono quelle del giudice Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddy Walter Cosina, Claudio Traina e Agostino Catalano.

Sei vite tranciate in un attimo e ritrovate sparse in tanti pezzi sulla strada tra la polvere e le macerie.

A provocare la strage 90 chili di tritolo preso qualche giorno prima a Porticello e poi infilato dentro a una Fiat 126.

Poi si susseguono le indagini, i processi e i depistaggi che mettono in evidenza: il furto dell’auto e delle targhe, il garage di via Villasevaglios, l’autofficina Orofino di via Messina Marine, la staffetta fino a via d’Amelio.

Questi ultimi sono dettagli che, insieme a pochi altri, sono stati in qualche modo restituiti alla giustizia. Preparativi di morte che ricordano quel giorno e dei precedenti, consegnati alla verità da pentiti in processi senza fine.

Ventisette anni dopo, però, restano dubbi che sono considerevoli e nella storia formano spaccature impossibili da ignorare.