Chi vive Giace, black comedy al Brancati - interviste. La bravura e la brillantezza degli attori rende fruibile il lavoro, strappando risate e applausi a conclusione dell’affumicato spettacolo.
Chi vive Giace, black comedy al Brancati – interviste
Chi vive Giace, black comedy al Brancati – interviste. È andato in scena al Teatro Vitaliano Brancati di Catania, il 14 novembre Chi vive giace di Roberto Alajmo.
La regia è di Armando Pugliese, le scene sono di Andrea Taddei, i costumi di Dora Argento.
Le musiche originali di Nicola Piovani, le luci di Gaetano La Mela.
Cinque sono gli attori che animano il palcoscenico: David Coco, Roberta Caronia, Agostino Zumbo, Stefania Blandeburgo e Claudio Zappalà.
Nello spirito di una commedia noir, Chi vive giace prende spunto da uno sventurato, casuale incidente automobilistico,
in cui un incolpevole ventenne si scontra con una giovane donna che perde la vita.
Comincia così una vicenda tra il surreale e il metafisico che pone a confronto i protagonisti ‘vivi’ e morti’.
Tutti all’interno di un fitto dialogo dai toni incalzanti in una ambientazione tipicamente siciliana.
Davanti al fantasma, incredulo, della giovane vittima, il vedovo (David Coco) esprime il suo tragico dubbio:
perdonare il colpevole o vendicarsi come l’opinione comune del quartiere gli imporrebbe?
Pure il padre (Agostino Zumbo) – anch’egli vedovo – del ragazzo (Claudio Zappalà),
un macellaio che emblematicamente indossa un grembiule ‘professionale’ lordato di sangue, vive il suo dilemma:
assolvere il figlio fatalmente innocente o pretendere che il giovane chieda perdono al marito della vittima?
La vicenda diventa intrigante quando entrano in azione i fantasmi delle due donne protagoniste:
la moglie ‘mischina’ defunta (Roberta Caronia, nota anche al pubblico televisivo) e la madre dell’incauto guidatore (Stefania Bandeburgo).
L’ingenuità della giovane vittima è messa a confronto con la saggezza della tipica moglie/madre siciliana
Ella si ritrova nel suo ruolo tradizionale di dispensatrice di ammonimenti e ‘dritte’ (…in realtà velati ordini) sotto forma di consigli.
Il fitto dialogo tra vivi e morti, metafisico ma dai toni realistici, porta al saggio invito (dall’aldilà) che capovolge un antico detto.
Il monito in sostanza si traduce nell’esortazione a chi vive di ‘giacere’ e ai morti di ‘darsi pace’.
Solo così potrà ricomporsi un ordine esistenziale e conquistare la serenità.
Prima dello spettacolo autore, regista e attori hanno cortesemente rilasciato un’intervista al nostro giornale.
Gli attori, uno dopo l’altro, in base al proprio ruolo, hanno tutti esternato in primo luogo l’orgoglio di ‘appartenere’ al Teatro Biondo di Palermo.
Inoltre hanno manifestato la soddisfazione di portare questo lavoro a Catania.
Tutti hanno ripercorso con noi il loro iter professionale e il loro significativo curriculum.
Ci hanno poi regalato buona parte del loro tempo – prezioso perché a ridosso proprio dell’entrata in scena:
spiegandoci in maniera particolareggiata il ruolo dei personaggi che avrebbero interpretato.
Hanno poi, tutti espresso il grande piacere di lavorare con Alajmo e con Pugliese – nonostante la difficoltà di affrontare un linguaggio sospeso tra il concreto e l’irreale –
e, non ultimo, la gradevolezza di interagire in grande sintonia sulla scena.
Autore e regista, in particolare, hanno più volte espresso la loro reciproca stima e la consonanza mentale e stilistica che li ha sempre caratterizzati in questa e altre occasioni.
Riferisce Roberto Alajmo:
«Il fatto di cronaca originario è un pretesto per esplorare una lingua teatrale ispirata al siciliano.
Ma che dal dialetto mutua più lo scardinamento sintattico che la vulgata lessicale: i personaggi parlano una lingua che è inventata.
Ma c’è poi un’altra finalità, tutta morale, che riguarda i temi del rancore e del perdono,
esplorati con un arsenale di ragionamenti che a tratti può sembrare pirandelliano».
Alla prima lettura del testo di Alajmo, rincalza infatti Armando Pugliese:
«ciò che mi ha maggiormente colpito e affascinato è stata la forma espressiva, il linguaggio. …Tanto che mi è parso di leggere musica.
Che si manifestasse in parole e costruzioni sintattiche articolate in accordi o intervalli, ritmi o allitterazioni,
tutto concorreva a dare voce a personaggi che si incontrano sulla scena in un contesto metafisico ed irreale.
Costruire insieme agli attori questa sinfonia siciliana doveva essere molto intrigante, e così è stato …»
E bisogna dire che al di là della costruzione del testo e dell’azione, che potrebbe sembrare a tratti quasi ‘forzata’,
è proprio la bravura e la brillantezza degli attori – specie delle due donne –
che rende fruibile il lavoro, strappando risate e applausi a conclusione dell’ affumicato spettacolo.
“Chi vive giace” sarà in scena al Brancati fino a domenica 24 novembre, per poi riprendere dal 2 al 5 aprile.
Silvana Raffaele
Foto e montaggio video Davide Sgroi
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