Love Songs al Teatro Ambasciatori. I brani della serata di S. Valentino, programmati qualche mese fa sono quelli che hanno fatto la storia del jazz.
Love Songs al Teatro Ambasciatori
Love Songs al Teatro Ambasciatori. Chissà cosa avrebbe pensato S. Valentino di Terni, martire cristiano,
della decisione di Papa Gelasio di istituire, nel 496, la sua festa per sovrapporla ai Lupercalia dell’antica Roma.
Le celebrazioni in onore del dio agreste Fauno – Luperco, infatti nulla avevano di romantico.
Per festeggiare la rinascita della natura e propiziare la fertilità si organizzavano, piuttosto,
ancestrali riti orgiastici all’insegna del sesso sfrenato, con mascherate e cortei in cui si sovvertivano i ruoli sociali: una sorta di Carnevale.
Niente a che vedere, dunque, con il mistico santo protettore – ‘colpevole’ solo di aver donato la dote a una povera fanciulla –
eletto a protettore di teneri innamorati che all’insegna del sentimento si scambiano, il 14 febbraio, poetici (e commerciali…) doni inneggiando all’amore ‘puro’.
Storia e leggenda a parte, però, la musica, da sempre interprete dei sentimenti amorosi, proprio in occasione di S. Valentino ha ‘regnato sovrana’,
il 14 febbraio, al Tetro Ambasciatori, attraverso le Love Songs della HJO diretta da Sebastiano Benvenuti Ramaci e il canto di Anita Vitale.
Benvenuto Ramaci è troppo noto al nostro pubblico per dover aggiungere note alla sua ricca carriera,
ai suoi successi e alla contagiosa capacità di entrare in empatia con i musicisti e il pubblico.
La sua HJO, jazz orchestra, nata nel 2012, è composta da circa sedici artisti provenienti da varie esperienze,
ed è specializzata nella letteratura musicale americana sviluppatasi tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del Novecento.
Diretta magistralmente dal maestro Ramaci è già molto nota per il suo repertorio swing e jazz,
ma anche classico-sinfonico rivisitato attraverso arrangiamenti ad hoc.
La big band siciliana che si è impegnata in quest’occasione è composta da:
Andrea Iurianiello, Vito Latora, Daniele Limpido, Leonardo Ragaglia, Giovanni La Ferla (sax);
Giuseppe Spampinato, Matteo Frisenna, Dario Scimone, Salvo Musumeci (trombe);
Boris Latina, Alfredo Vitale, Rosario Patania, Nicola Crescenzi (tromboni);
e ancora da Sergio Casabianca alla chitarra; Angelo Fichera al piano; Luca Nicotra al contrabbasso, e Stefano Ruscica alla batteria.
Lo spettacolo di S. Valentino è stato arricchito dal un’ospite d’onore d’eccezione: la cantante Anita Vitale.
Nata di Brolo nel 1975, siciliana fino al midollo, allieva di Maria Pia di Vito, l’artista è diventata in poco tempo una star internazionale.
Applaudita sulle scene mondiali, è stata vincitrice di borse di studio (Boston, New York) e,
premiatissima (My Way Festival 2009 Moncalieri Jazz Festival del 2009, Made in New York Jazz Competition del 2013).
Dal 2008 collabora con Lorenzo Petrocca, esibendosi in Sud Africa, in Mozambico, in America, in Europa e in Germania, assieme a Wolfgang Morike e Armin Fisher.
Importante anche la sua collaborazione come pianista-cantante con “I Beati Paoli”, e con i gruppi, al femminile,
Le Divas e Le Tinte Unite, con i Sudd MM, e con il cantautore siciliano Mario Incudine.
E ancora la Vitale ha cantato e suonato con la Big Band di Mario Raja, con Mario Modestini,
Pietro Tonolo, Maurizio Giammarco, Piero Leveratto, Claudio Corvini.
E poi con Roberto Rossi, Marcello Rosa, Giampaolo Casati, Salvatore Bonafede, Romano Mussolini, Vito Di Modugno, Giuseppe Milici.
E non è tutto…
Ma veniamo alla serata.
Il primo pezzo in programma, Fligt to the foo birds-seguito da Cute- è di William Allen Basie (1904-84),
il noto Count (‘Conte’, come ‘Duke’ Ellington) Basie che già a vent’anni era direttore musicale, e poi ‘bandleader’ della sua famosa jazz band.
Negli anni del proibizionismo Duke Ellington (pseudonimo di Edward Kennedy;1899-1974) dirigeva,
la sua band al “Cotton Club”, ai tempi il più famoso locale di Harlem, componendo i suoi primi capolavori.
Raggiungeva così il successo internazionale, specie negli anni Cinquanta, attraverso la sua musica ‘colta’: dalla sinfonia classica al blues e al swing, sempre in chiave jazz.
Di Duke Ellington, considerato uno dei più importanti compositori jazz, la HJO ha eseguito tre brani:
Medley from Sophisticated Ladies, In A Sentimental Mood, Prelude To A Kiss
Dopo I Can’t Give You Anything But Love di Jimmy McHugh (1894-1969), compositore e,
cantautore noto nel trentennio 1920-1950 per le sue oltre 500 canzoni, è stato il turno del grande, grandissimo George Gershwin.
George Jacob Gershwin, il cui vero nome è Jacob Bruskin Gershowitz (1898-1937) è considerato,
tra l’altro, l’inventore del musical statunitense: nel 1935 compose il suo capolavoro Porgy and Bess.
È del 1924 il suo lavoro più noto: Rhapsody in Blue, tra classicismo e jazz; una miscela che caratterizzò sempre la sua musica.
A Parigi – dove si era recato, con il fratello Ira, per studiare composizione sotto la guida di Maurice Ravel- Gershwin scrisse, nel 1928,
il conosciutissimo ‘poema sinfonico’ Un americano a Parigi, poi tradotto in versione cinematografica
Nel 1936, a Hollywood, si dedicava alla composizione di colonne sonore.
L’anno dopo moriva a soli 38 anni.
Il maestro Ramaci ha diretto la HJO nell’interpretazione di tre suoi brani: Someone To Watch Over Me, ‘S Wonderful e The Man I Love
Louis (all’anagrafe Leonard) Bernstein (1918 –1990), compositore
‘neoromantico’, pianista e direttore d’orchestra di fama internazionale, è noto anche per le sue posizioni politiche:
l’adesione, nel 1970, al movimento delle ‘Pantere Nere’ e l’esecuzione pubblica, nel 1989, della Sinfonia n. 9 di Beethoven per celebrare la caduta del Muro di Berlino
Dalla sua opera più nota, West Side Story (1957), è stato eseguito il vocal: Somewhere.
Laura, tratto dalla colonna sonora del film Vertigine del 1944, – in programma all’ottava posizione- nacque nel 1945 da una felice collaborazione:
la musica è di David Raksin (1912-2004), il ‘nonno della musica da film’ (è sua la colonna sonora di Tempi moderni di Chaplin del 1936),
e il testo di John Herndon, “Johnny”, Mercer (1909 – 1976), il più famoso paroliere di Hollywood.
Del poliedrico Nicholas « Nick » Ayoub (1926 -1991), sassofonista, clarinettista, oboista,
flautista, compositore e anima del quintetto Nick Ayoub Quintet è stata eseguita la Ballad for a Lady.
A seguire, Fever di Jay Davenport, nato a Chicago nel 1960, che in un’intervista rilasciata due anni fa a Stefano Leto diceva di sé:
“Sento di essere prima un musicista e poi un batterista. Suono il blues da quando avevo vent’anni, ora ne ho 58, e mi sento uno di quei vecchi del blues.”
Ancora un personaggio eclettico è Hoagland Howard, “Hoagy”, Carmichael (1899 –1981), compositore, pianista,
cantante e attore (partecipò ad Hollywood a circa una quindicina di film), famoso soprattutto per il suo capolavoro Stardust (1927).
Per la nostra serata dedicata agli innamorati la HJO ci ha regalato Skaylarc.
Noto ai più come paroliere della canzone del nostro programma, -prediletta da Ella Fitzgerald- Angel Eyes, scritta nel 1946 con Matt Dennis,
Earl Karl Brent (1914-1977) fu anch’egli un caleidoscopico cantautore, paroliere e compositore.
Il nome di Antônio Carlos Brasileiro de Almeida “Tom” Jobim (1927 – 1994) è legato alla musica popolare brasiliana e in particolare alla bossa nova.
Trasferitosi, con la famiglia, a Ipanema, sul litorale della città carioca, conquistò presto il successo con Tereza da Praia, un samba-cançao.
Proficua per lui fu soprattutto l’amicizia con Vinícius de Moraes che gli prospettò di musicare il suo poema Orfeu da Conceição,
rappresentato nel 1956 a Rio de Janeiro, e riproposto nel film Orfeu negro (o Orfeu do Carnaval), del 1958 (Palma d’oro e Oscar).
La bossa nova di Jobin, poi, raggiunse la celebrità grazie alla ulteriore collaborazione con João Gilberto,
specie con la canzone The Girl From Ipanema del nostro spettacolo.
La canzone proposta dal maestro Ramaci – mimando ‘Sing, Sing, Sing’ – è stata Sing, sang, sung di Gordon Goodwin.
Nato nel 1954, Goodwinn ebbe il suo lancio come musicista a Disneyland, in California, iniziando così a collaborare proprio con Disney insieme alla sua Big Phat Band.
Ma la serata non finisce qui.
La band di Benvenuto Ramaci ha voluto dare un saggio della sua capacità di reggere la continuità della musica nel tempo con alcuni riusciti arrangiamenti in chiave jazz di musica classica:
Blues for Elise di Ludwig Van Beethoven e Hungarian Dance No 5 di Johannes Brahms.
Infine è stata eseguita Dark Eyes, ovvero la famosa canzone popolare russa Ó?i ?jórnye, scritta nel 1843 dal poeta Yevhen Hrebinka.
La più conosciuta versione, però, è quella musicata dall’italo-inglese Adalgiso Ferraris (1890-1968) che aveva trascorso molti anni in Russia prima del 1915.
Con la sua Novarese Band, fece ballare l’Europa degli anni Trenta del Novecento.
E Dark Eyes fu il suo maggior successo.
Dietro le quinte, nell’intervista concessa al nostro giornale Anita Vitale ha dichiarato la sua grande soddisfazione,
per aver collaborato con il maestro Ramaci e la sua ‘grande’ band, capaci di rendere tutto semplice e armoniosamente allegro.
È un sogno, inoltre, per lei – ha continuato- essersi cimentata nei brani più belli degli anni ’30 e ’40, quei brani che l’hanno fatta innamorare del jazz.
Anche il maestro Ramaci si è dichiarato felice, in questo suo terzo appuntamento con il pubblico catanese, della guest Anita Vitale, artista di fama internazionale.
È un rapporto, quello con l’ospite d’onore – al suo quarto appuntamento con lui e l’HJO – basato su amicizia, stima e grande amore per la buona musica.
I brani della serata di S. Valentino -ha continuato-, programmati qualche mese, fa sono quelli che hanno fatto la storia del jazz.
A questi il maestro ha voluto aggiungere pezzi ‘classici’ rivisitati.
Il prossimo appuntamento – ha concluso – sarà dedicato al latin e al funk, dalle grandi orchestre cubane a quelle più moderne.
Quale modo migliore per celebrare la festa degli innamorati, e in ogni caso degli amanti della musica?
I lunghi e ripetuti applausi del pubblico hanno dato la migliore risposta.
Silvana Raffaele
Foto e montaggio video Davide Sgroi
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