Estorsioni e ricatti a lavoratori, arresti nel Messinese

Estorsioni e ricatti a lavoratori, 4 arresti nel Messinese. I dipendenti erano costretti a restituire parte dello stipendio.

Estorsioni e ricatti a lavoratori, arresti nel Messinese

Estorsioni e ricatti a lavoratori, arresti nel Messinese. La guardia di finanza di Messina ha arrestato quattro componenti di una nota famiglia dell’imprenditoria messinese.

I datori di lavoro operavano nella fascia jonica peloritana accusati di aver promosso e costituito una organizzazione criminale dedita alla commissione di condotte estorsive in danno dei propri dipendenti.

Le indagini svolte, eseguite dalle Fiamme Gialle di Taormina, si sono avvalse dell’apporto dei lavoratori vessati.

I militari hanno documentato il sistematico ricorso a schemi di fittizio pagamento dei corretti emolumenti previsti dai contratti collettivi nazionali.

I lavoratori erano obbligati alla restituzione, in contanti, di una parte dello stipendio solo formalmente corrisposto.

Poi, approfittando del loro stato di bisogno, gli indagati violavano anche la normativa relativa all’orario di lavoro e ai riposi spettanti.

Estorsioni a lavoratori, 4 arresti

La disamina della documentazione extracontabile trovata – tra cui diversi “pizzini”, agende e prospetti di calcolo – acquisita in sede di primo accesso all’azienda, ha permesso di ipotizzare l’esistenza di una vera e propria struttura organizzata.

Da questi fatti è iniziata l’attività d’indagine diretta dalla Procura di Messina, con approfondimenti documentali e intercettazioni telefoniche.

Gli accertamenti hanno chiarito come gli imprenditori oggi arrestati adottassero il «ricorso a minacce e soprusi» nei confronti dei lavoratori dipendenti, «un vero e proprio metodo di lavoro».

Tecniche imprescindibili per l’avvio e la prosecuzione dei rapporti lavorativi risultavano l’accettazione, da parte dei dipendenti, di condizioni contrattuali palesemente squilibrate,

«lasciando chiaramente intendere che dove non avessero accettato la proposta non sarebbero stati assunti o sarebbero stati licenziati».

Le indagini hanno accertato che gli indagati avevano reinvestito i proventi illeciti, circa 200.000 euro sottoposti a sequestro, nell’acquisto di terreni.

Operazioni finanziarie illecite per auto-riciclare il denaro provento delle estorsioni.